Intervista a VMC: “Vivere certe cose ti cambia”

Ciao! Puoi raccontarci di più sulla tua decisione di fare riferimento a “The Haunting” nel tuo nuovo singolo, “Nellie (from Hill House)”?

Ciao, piacere di conoscervi. Certo. Diciamo che sono molto affezionato alla serie Netflix, avendola vista per ben dodici volte e nonostante certe scene le sappia a memoria su alcune ho ancora qualche tremolino, mi commuovo. Ho decido di fare riferimento allo show perché era un po’ di tempo che avevo dei concetti in testa ai quali volevo dare forma, ma non trovavo la scintilla per scatenare tutto. Dopo – non ricordo quale delle dodici volte – aver visto una scena per l’ennesima volta, ho fatto il collegamento. Ci ho pensato su, ho visto che poteva funzionare e mi sono messo a lavoro. Diciamo che ho preso lo show e soprattutto Nellie perché è come se potessi essere uno dei personaggi della serie, potrei entrare alla perfezione in quel contesto.

Qual è stato il processo creativo dietro la scrittura del testo?

Come detto, è nato tutto da una scena dello show. Avevo quei concetti che mi giravano, ma non riuscivano a prendere forma. Quando mi son reso conto che c’era concordanza tra i miei pensieri e il messaggio della scena e di tutta la serie ho capito che si doveva fare. Non poteva, ma doveva. Ho iniziato a scrivere la parte finale in realtà, perché era lo sfogo di cui avevo bisogno. Anche il ritornello è venuto da sé, ho dovuto solo seguire il tempo della base musicale. Le varie strofe sono state un viaggio tra la storia di Nellie e la mia, trovando i punti di contatto e metterli già a testo.

Quali sono state le sfide maggiori nell’integrare la narrativa di Shirley Jackson con il tuo stile musicale?

Diciamo che, per essere onesti, più che basarmi sul libro di Shirley Jackson – che tra l’altro ho letto, in inglese – mi sono basato sullo show. Anche perché ho scoperto che lo show fosse un riadattamento solo dopo aver visto la serie un paio di volte. Diciamo che quindi ero più “legato” alla serie. Anche perché alcuni personaggi e le loro storie, nel libro, sono diverse. Ad esempio, nello show è Nellie che si affeziona alla “cup of stars” (tazza di stelle), mentre nel libro è una bambina che Nellie incrocia in una tavola calda o bar, adesso non ricordo. Detto questo, se avessi basato questa canzone solamente sul libro di Jackson penso che avrei fatto molta più fatica o, addirittura, la canzone non sarebbe mai nata. O meglio, sì, perché le idee già le avevo, ma non sarebbe stata affiancata a “Hill House”.

In che modo la tua esperienza a Londra ha influenzato il tuo approccio alla musica e in particolare a questo singolo?

Londra ha una storia musicale immensa. Basti pensare ad Abbey Road (The Beatles) oppure alla casa di Freddie Mercury. Non penso ci sia da aggiungere altro, no? La mia passione per la musica già c’era, fin da bambino, ma Londra mi ha fatto toccare per mano cose che, fino a prima, avevo solo visto su carta o in digitale. Non posso dire che mi ha cambiato o che è stata importante per il mio percorso, mentirei. Però sicuramente la voglia di metterti a fare musica Londra te la trasmette tra i vari mercatini, i vari district, ciò che ho menzionato prima e la statua di Amy Winehouse. Storia e cultura, dei tempi che furono e contemporanea: non puoi non rimanerne affascinato!

Il singolo parla molto di invisibilità e lotta interiore. Come si collegano queste tematiche alla tua vita personale?

Sono tematiche che vivo quotidianamente. Purtroppo, la mia vita è sempre stata di stenti, sacrifici, occasioni non potute avere, tristezza, depressione, solitudine e via dicendo. Non sto dicendo di essere la persona più disagiata del mondo, c’è sicuramente di peggio, ma viverle queste cose ti cambia, ti ferisce e, soprattutto ti condiziona. E soprattutto non so quante altre persone sarebbero riuscite ad arrivare a oggi. Se sono seguito da uno psicologo e da una psichiatra ci sarà un motivo. Quindi sì, sono molto sensibile a queste tematiche ed è per questo che la canzone non è solo la storia mia e di Nellie, ma è la storia di molte persone che affrontano le stesse cose. Io spero che alla gente arrivi e spero che delle persone possano trovare un po’ di conforto nel sapere che non sono sole.

Quali feedback hai ricevuto finora riguardo al singolo?

Per adesso sembra andare bene. Ho avuto feedback molto positivi del tipo “è la cosa più bella che abbia mai ascoltato” e alcuni meno positivi in cui la canzone è non è piaciuta o – cosa che credo – non sia stata capita. Ma va bene lo stesso, fa parte del gioco e mi stimola a cercar di fare ancora meglio. Detto questo, non posso lamentarmi. Tra feedback positivi, articoli e interviste vedo che le acque si stanno muovendo, ed è sempre un bene. Ma spero che questa sia solamente un punto di partenza.