La Tempesta Gentile ci racconta il disco “LTG”

La band, nata nel 2021, si propone con un‘essenziale formula a duo, con l’idea di dare una propria rilettura personale del genere chitarristicamente stratificato per eccellenza, lo shoegaze, con i soli utilizzi del basso, supportato dall’effettistica, e della batteria, affiancata da uno strumento denso di risonanze e riverberi come l’handpan. Il tutto per raggiungere un sound allo stesso tempo denso ma diretto, così come saturo, ma nitido nella sua semplicità. 

Come nasce una vostra canzone? Esiste qualche ritualità dietro l’atto della scrittura?

Siamo fatti un po’ a vecchia maniera, ovvero sviluppiamo in sala prove un’idea di base, spesso partendo da un abbozzo appuntato da qualche parte, e quando questa idea cresce ed inizia a prendere forma, di conseguenza si accende l’ispirazione del testo, che quindi per noi arriva sempre dopo la parte musicale. Non esiste per noi una ritualità particolare se non la tranquillità, per noi necessaria per comporre. Non abbiamo mai fretta di chiudere un pezzo, tante volte con calma li “parcheggiamo” lì, in attesa di tempi migliori, senza esserne ossessionati.

È uscito il vostro nuovo disco: ce lo raccontate in poche parole?

Certamente! Il nostro disco si chiama LTG, ed è il frutto del nostro lavoro degli ultimi due anni. Da questo disco ci si possono aspettare paesaggi diversi, anche nello stesso brano, sottolineati da un suono a tratti aggressivo e a tratti riflessivo, dove le ritmiche scompaiono lasciando spazio a suoni più eterei e dilatati. La costante che abbiamo cercato di tenere in tutte le tracce, è quella di avere un suono il più profondo possibile, con la voce sempre tenuta un passo indietro, come se si fosse in viaggio in enormi spazi inesplorati a contemplare quello che ci succede intorno. Un altro aspetto fondamentale sicuramente è la resa live, nel disco siamo rimasti fedeli al 100% al suono che abbiamo dal vivo, evitando i “trucchetti” da studio di cui spesso si abusa per levigare (fin troppo) le registrazioni e velocizzare i tempi. Abbiamo lasciato volutamente le imperfezioni, con l’idea di ottenere un suono vivo, sì lavorato in modo professionale, ma che ci rispecchi totalmente una volta sul palco.

Qual è la particolarità del vostro lavoro?

Una particolarità distintiva può essere la nostra formazione, a due, con il solo basso affiancato dalla batteria. Per riuscire a creare il nostro suono, fatto di loop e stratificazioni, abbiamo ovviamente fatto un largo uso dell’effettistica, in primis per trasformare il suono del basso, che suona contemporaneamente da basso e da chitarra, ma anche per dare ulteriore profondità ad uno strumento denso di risonanze e riverberi come l’handpan. L’approccio è stato dunque tipicamente shoegaze, pur avendo una formazione così minimale, e questo speriamo risulti essere una nostra peculiarità.

La traccia a cui siete più legati e perché?

Forse Senza Nome (Sole). Dentro ci sono un po’ tutte le nostre anime, e crediamo sia il brano dove emergono maggiormente gli ascolti che ci hanno formato. Inoltre ci rispecchiamo in particolar modo nel testo, e dal vivo è un brano che funziona bene. Non a caso la sua collocazione è più o meno a metà della tracklist.

Qualche anticipazione sui vostri prossimi lavori e impegni?

La nostra prossima tappa è l’attività live, per noi fondamentale, dove porteremo sul palco il nostro lavoro. Non vediamo l’ora di portare tutto l’album dal vivo!