L’Iperuranio racconta la vita con ironia dietro il singolo “L’andirivieni”

Oggi abbiamo avuto il piacere di intervistare il cantautore triestino Nicola Bertocchi, a.k.a. L’Iperuranio in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “L’andirivieni”, estratto dal prossimo disco “La Verità è un’altra”. Questa canzone è un intrigante mix di atmosfere hip-pop, con una strofa che gioca sottilmente tra il canto e il parlato, e un ritornello contagioso su loop coinvolgenti.

In questa intervista, scopriremo i dettagli dietro questa affascinante canzone, l’ispirazione de L’Iperuranio e molto altro. Quindi, senza ulteriori indugi, immergiamoci nel mondo di “L’andirivieni” e della sua brillante mente creativa.

“L’andirivieni” riflette sulla natura ciclica della vita. Ci puoi condividere un’esperienza personale o un momento specifico che ha ispirato la canzone?

Durante il lockdown stavo scrivendo “a fiume” i brani che finiranno nel prossimo disco. Peraltro, il momento storico non ha inciso per nulla sulla mia scrittura. Semplicemente, essendo un pigro esistenzialista patologico, in quel periodo ho trovato la disciplina per tirar fuori le cose che avevo dentro negli anni precedenti. O non scrivo niente o scrivo tantissimo.

Son partito dalla musica. Ho improvvisato la parola “andirivieni” nel ritornello e il resto mi è uscito così come si sente nella versione definitiva (la stessa voce del ritornello l’ho registrata io in quel momento). A quel punto, passando alla strofa, è stato un flusso di coscienza. Man mano che scrivevo capivo dove stessi andando a parare.

Come è nata la collaborazione con il cantante e polistrumentista Alberto Bravin e come ha influenzato il tuo processo creativo?

Amico di amici, conosciuto molti anni fa. Già ci avevo collaborato durante la lavorazione di 3-4 pezzi del primo disco. Negli ultimi due anni mi sono rivolto a lui quando ho chiuso le pre-produzioni dei brani del nuovo album per aiutarmi a svilupparle. In un secondo momento, quando Nicola Ardessi, il mio produttore storico, ha deciso di dedicarsi a un’altra vita (gestisce locali), Alberto ha “ereditato la poltrona”.

Lui ha gusti molto eterogenei ma viene da mondi sonori molto distanti dai miei. Collaborare con lui mi aiuta quindi ad “aprirmi”. La cosa che adoro è che, pur essendo molto esperto e avendo avuto un percorso artistico pregno, non cerca mai di stravolgere le mie idee, ma anzi le rispetta molto. Diventa quindi un secondo punto di vista (e di ascolto) importante che mi completa pur senza prevaricare.

La tua musica spazia in diversi generi e stili. Come scegli quale direzione prendere per ciascuna canzone e quanto sperimenti con nuovi suoni?

Non mi piacciono i generi esclusivi. Le stesse cose che ascolto non sono quasi mai di un genere definito. Mi piace tenere aperte le porte e seguire la direzione che mi ispira di più ogni specifico pezzo. L’unica cosa che mi piace mantenere sempre è un equilibrio fra una parte suonata e una sintetica, amo molto mischiare questi due mondi.

Parlando di processi creativi, come inizi a scrivere una canzone? Qual è il tuo approccio alla scrittura delle parole e alla composizione della musica?

Sono molto anarchico a riguardo. Prima parlavo della scrittura de “L’andirivieni” dicendo che l’ho scritta in un certo ordine. Ce ne sono altre in cui ho scritto tutto il testo e solo poi ho aggiunto la musica. In altre mi ritrovo le strofe e poi inizio a improvvisare cercando il ritornello. Capita anche che io recuperi una bozza di mille anni prima e ci costruisca una canzone completamente nuova, tenendo solo qualche minima parte del concept originale. Il mio metodo è “nessun metodo”. Solo ispirazione.

Infine, quale messaggio o emozione speri che il pubblico trarrà da “L’andirivieni”? Qual è il risultato che speri di ottenere con questa canzone?

Credo che possa far scaturire due situazioni: 1) chi l’ascolta non capisce quel che dico 2) chi l’ascolta sorride, annuisce e pensa “In effetti, è così…”.