“Doombo” è un brano potente e inarrestabile, rappresentato metaforicamente come un elefante che procede incessante, puntando dritto alle gambe e alla testa dell’ascoltatore. I suoi passi sono possenti e pieni come la sezione ritmica, le chitarre fanno eco al suo verso animalesco.
Nel ritornello, il pachiderma carica impetuosamente verso l’ascoltatore e poi, inaspettatamente, spicca il volo. Questo momento simboleggia un punto culminante della canzone che eleva emotivamente chi ascolta.
Nel pezzo non compaiono elefanti rosa, ma piuttosto un muro altissimo che continua a crescere al ritmo ossessivo del groove. Questa allucinazione si trasforma e si muove incontrollata, rendendo incerte le distinzioni tra realtà e fantasia. L’avanzare ipnotico del brano confonde l’ascoltatore su ciò che è reale e ciò che è frutto del delirio.
Ciao a tutti e benvenuti! È un piacere avervi qui. Per iniziare, potreste presentarvi e dirci un po’ di più su come vi siete formati come band?
Ciao a voi e a tutti i lettori. I Primitive Mule nascono a Milano, dall’incontro di Andrea, Milo, Michele e Francesco. Ci siamo incontrati ai tempi dell’università. Tutti e quattro proveniamo da altrettante regioni d’Italia, da diversi percorsi musicali, ma accomunati da tanti anni di ricerca e ascolti diversificati. Le prime jam hanno dimostrato una grande sintonia così abbiamo deciso di concretizzare il progetto.
Da dove nasce il nome della vostra band?
Stavamo cercando un nome che trasmettesse un senso di energia istintiva, primordiale, primitiva appunto. E poi ci piaceva l’immagine del mulo. Un animale testardo, ma forte, intelligente e che non teme la fatica. Ci sentiamo un po’ così: delle bestie che vanno avanti sulla propria strada, tra sentieri scoscesi e rocce granitiche.
Quali sono state le vostre principali influenze musicali?
Abbiamo la fortuna di essere quattro persone estremamente curiose e aperte e con tanti anni di ascolti alle spalle. Per cui peschiamo veramente da un mondo enorme. A tutti noi però piacciono quelle band in grado di creare qualcosa di personale a partire da mondi diversi. Per restringere il campo possiamo dire i Queens of the Stone Age, per il loro percorso musicale ricchissimo, gli Idles per l’energia e la capacità di far suonare fresca e innovativa una musica che conosciamo a memoria e Mark Lanegan per la capacità di trasformare la musica in un’esperienza intima, quasi religiosa.
Come descrivereste il vostro stile musicale?
Sarebbe bello saperlo! Proprio per le tante influenze di ciascuno di noi, non riusciamo a identificarci in qualcosa di preciso. È come se volessimo fare soul, ma con la ruvidezza del garage in un mondo sabbioso post-stoner.
Avete qualche rituale o routine particolare prima di salire sul palco?
Cerchiamo di passare i minuti subito prima soli tra noi quattro. Anche senza parlare; l’importante è stare vicini e sentire coesione, perché quando saliremo sul palco dovremo essere una macchina da suono travolgente.
Potete parlarci del vostro ultimo singolo “Doombo”? Cosa vi ha ispirato nella sua creazione?
Doombo nasce da un groove di Milo e Michele, che ci ha colpito all’istante appena è nato. Abbiamo l’abitudine di registrare e ascoltare tutte le centinaia di ore passate in sala prove. E quel riff così ossessivo e ripetitivo continuava a tornarci in testa. Perché nonostante la semplicità non ci stancava. Abbiamo cercato il suo mondo immaginifico di riferimento e l’abbiamo trovato nella scena degli elefanti rosa, che ha guidato poi la scrittura del resto del brano. Anche il testo parla di un’allucinazione, vissuta da Andrea quando aveva 9 anni. Una febbre altissima lo porta a sentire una voce che ossessivamente gli ordina di costruire un muro sempre più alto. Spinto da questa analogia, Francesco ha poi confezionato un assolo di chitarra pazzesco in cui sembra davvero di sentire una sinfonia di barriti. È un po’ la versione 2024 della marcia degli elefanti rosa.
Come vedete il futuro della band? Avete progetti o sogni particolari?
Il nostro primo disco Mister Sister del 2021 è stato un punto di partenza. Doombo sancisce una direzione evolutiva che prenderà corpo in un EP che stiamo scrivendo.
Ci piacerebbe poi portare la nostra energia primitiva sui palchi dei festival italiani.
Prima di concludere, c’è qualcosa che vorreste dire ai nostri lettori?
Rock’n’roll.